La tesi di laurea in economia si caratterizza per le modalità tramite le quali viene sviluppato l’argomento concordato. Il laureando dovrà non soltanto mostrare capacità di analisi e lettura dei dati relativi alla ricerca, ma anche originalità di vedute.
Un esempio di tesi in economia su un argomento di scottante attualità può essere l’analisi del pensiero keynesiano in relazione alle crisi.
Occorre guardare agli aspetti principali della dottrina keynesiana, oltre che alle implicazioni di politica economica che da essa derivano. Tale aspetto è di particolare interesse in relazione alle politiche economiche che vengono attualmente perseguite. Innanzitutto, verrà studiata la teoria della domanda effettiva, motivo di fondo dell’analisi di Keynes ma presente, seppur in maniera meno rigorosa, nel pensiero di autori come Malthus e Sismondi.
Keynes, in particolare, analizza i motivi di fondo che determinano l’agire economico. Dal lato della domanda, opera una divisione degli agenti in due categorie: i consumatori e i produttori; i primi richiedono beni di consumo mentre i secondi beni di investimento. Il consumo è ipotizzato essere dipendente dal reddito: Keynes assume che esso cresca al crescere del reddito disponibile in maniera meno che proporzionale. Gli investimenti, invece, dipendono dalla redditività attesa di tutti i possibili progetti imprenditoriali e dal saggio di interesse. Bisogna osservare come tanto le determinanti del consumo, quanto quelle degli investimenti siano esogene, e sfuggono ad una logica deterministica, essendo, al contrario, correlati alle aspettative sul futuro.
Il risparmio appare di natura residuale, è ciò che resta dopo che sono state operate le scelte di consumo, mentre il tasso di interesse non opera nel senso di determinare una condizione di equilibrio, compatibile con quello generale, tra risparmio ed interesse sul mercato dei fondi mutuabili. La conseguenza è che l’identità tra risparmio e investimento appare una condizione non caratterizzata necessariamente dal pieno impiego delle risorse. Nella forma più elementare della teoria keynesiana è fondamentale il concetto di moltiplicatore che, in un modello di consumo lineare, è pari alla propensione marginale al risparmio. Tanto minore sarà quest’ultimo, e dunque tanto maggiore sarà la propensione a consumare, tanto più elevato sarà il livello di reddito addizionale derivante da un incremento di componenti autonome della domanda, quale ad esempio la spesa pubblica.
Si possono poi sottolineare le affinità che uniscono il metodo keynesiano a quello della tradizione ricardiana. Soprattutto l’enfasi è posta sulle variabili più significative, congelando tutte le altre. Ne deriva, dal punto di vista logico formale, l’esistenza di un sistema di equazioni di tipo causale o decomponibile, il quale si contrappone in modo evidente ai modelli interdipendenti tipici della teoria marginalista. La causalità aiuta a specificare quali variabili siano sufficientemente interdipendenti da necessitare di relazioni simultanee e quali, al contrario, mostrino una predominante dipendenza in una direzione, fattore che implica la rappresentazione dei fenomeni economici attraverso l’impiego di relazioni unidirezionali.
La novità del pensiero di Keynes è nella concezione che proviene dagli aspetti normativi della realtà economica: poiché il sistema, lasciato a sè stesso, viene a porsi al di fuori dell’equilibrio, ogni intervento effettuato sulle variabili economiche rilevanti spingerà l’economia verso la situazione di pieno impiego. Le autorità pubbliche, soprattutto, possono agire sia tramite la politica monetaria, sia tramite quella fiscale, ad esempio, sull’aumento dell’offerta di moneta, che può agire sulla riduzione dei tassi, oppure mediante un aumento della spesa pubblica o una riduzione della tassazione.
Giunti a tal punto, dopo aver ben delineato la cornice teorica e i principali elementi di novità del pensiero di Keynes, si può procedere ad un’analisi empirica. Ad esempio, si può verificare cosa comporti l’applicazione di modelli di crescita economica keynesiana. Per verificare la bontà di tale metodo, lo si può paragonare con altre ipotesi considerate di alto valore esplicativo. Ad esempio, con quella di Solow.
La questione appare rilevante perché tocca il problema della compatibilità del modello keynesiano con il contesto neoclassico. Come è noto, si deve ad Hicks il primo tentativo di sintesi tra Keynes e l’economia neoclassica, durante il corso degli anni ’30.